giovedì 28 marzo 2013

Aforismi Giorgio Bocca

Giorgio Bocca

Giorgio Valentino Bocca è stato uno scrittore e giornalista italiano.
Data di nascita: 28 agosto 1920, Cuneo
Data di morte: 25 dicembre 2011, Milano
Libri Giorgio Bocca
DVD Giorgio Bocca

  • Destra e sinistra si equivalgono: in stupidità.
  • Quel Grande Torino non era solo una squadra di calcio, era la voglia di Torino di vivere, di tornare bella e forte; i giocatori del Torino non erano solo dei professionisti o dei divi, erano degli amici.
  • La new economy è una cosa molto seria nei suoi effetti. Mai nella storia del capitalismo si era assistito a uno spostamento così rapido e colossale e spesso arrischiato di mezzi finanziari.
  • Chi ha raccolto le sfide della vita sa che nei momenti decisivi ha dovuto disattendere o disobbedire ai legami della famiglia.
  • [Milena Gabanelli] È l'ultima giornalista che fa inchieste vere, in un momento in cui su tutti i giornali sono state abbandonate. E addirittura stupisce che le possa fare.
  • Mussolini ha commesso tanti errori, tipo l'entrata in guerra quando gli sembrava di dover semplicemente salire sul carro dei vincitori. Andò a invadere l'Albania e la Grecia in modo insensato e persino Hitler, che era folle ma non fesso, s'infuriò.
  • Avete capito perché il Berlusconi nemico dei giudici, che assolda gli avvocati per corromperli, che invita a non pagare le tasse, che fa uso disinvolto di smentite, che promette ciò che non può mantenere, che nasconde i suoi affari pericolosi, piace tanto agli italiani? Perché tanti italiani evidentemente sono come lui inclini alle complicità anarcoidi.
  • Che cosa era Enrico Mattei? Un avventuriero? Un grande patriota? Uno di quegli italiani imprendibili, indefinibili, che sanno entrare in tutte le parti, capaci di grandissimo charme come di grandissimo furore, generosi ma con una memoria di elefante per le offese subite, abili nell' usare il denaro ma quasi senza toccarlo, sopra le parti ma capaci di usarle, cinici ma per un grande disegno.
  • La ragione per cui il populista-demagogo Berlusconi piace agli italiani è la stessa per cui, ai loro occhi, il conflitto d'interessi non è una ferita grave della nostra democrazia. Il fatto che egli sia stato al contempo capo del governo e padrone dell'informazione sembra qualcosa di naturale, di normale, qualcosa che tutti vorrebbero praticare.
  • L'errore capitale commesso dal cavaliere Silvio Berlusconi e da altri fondatori di network privati non è stato tanto quello di investire in uomini e mezzi prima che fosse data una legislazione precisa, ma nel non aver capito, subito, che anche il boccone saporito delle TV private, prima o poi sarebbe finito sotto i denti dei nostri partiti.
    • So solo che Montanelli è fatto così: un maestro di giornalismo che ogni tanto s'impenna con qualcuna delle sue bizzarrie.
    • Vespa non lo considero un giornalista, lo considero un servo di regime. [...] Non è una questione di sinistra o di destra: non si può essere considerati giornalisti se non si ha il coraggio di dire la verità, e la verità non è né di sinistra né di destra.
    • Berlusconi mi mette in difficoltà: non so mai dove comincia e dove finisce la sua recita, non so dove voglia arrivare con il lifting, con la bandana, con le tasse, non so se neppure lui si renda conto di quanto ci prenda in giro.
    • Berlusconi vanta i sondaggi che lo danno in risalita. Ma lui è un manipolatore di sondaggi e per giunta è sempre più difficile capire come si divida la gente, se ancora cioè l'uomo di Arcore possa vantare qualche appeal illusionistico.
    • Non c'è questione che mi possa trovare d'accordo con lui [Berlusconi]. L'ho conosciuto tanti anni fa. È solo peggiorato. Faceva l'imprenditore. Si divertiva a convocare qualche centinaio dei suoi sottoposti e a arringarli con un microfono in mano. Si compiaceva di dirne di tutti i colori...
    • [Berlusconi] Questo non sa nulla di politica. È solo furbo.
    • Salvo che la statura di Mussolini era ben altra [rispetto a Berlusconi]. Mussolini era un uomo colto che sapeva di politica, che era andato a scuola dai socialisti.
    • Il colpo di stato del 25 luglio, per cui tutti i poteri dalle mani di Mussolini, ritornarono e si accentrarono nella monarchia, ebbe come caratteristica ben definita di essere opera di uno stretto numero di persone. Fu la cerchia dei generali, dei grandi industriali, dei funzionari di corte, a preparare ed attuare il colpo di stato, a regalare, una bella mattina, al popolo italiano una sottospecie di libertà.
    • Attraverso la somma dei sacrifici e dei dolori sopportati, col grandioso apporto dato alla causa della libertà, con i risultati militari ottenuti, il movimento partigiano è riuscito ad assumere un significato morale di valore altissimo. Ha riscattato dinnanzi al mondo, insieme a coloro che nei campi di Germania tennero fede alla loro patria, la dignità del popolo italiano; ha dimostrato ben altrimenti, che generiche e facili affermazioni verbali, la sua volontà di essere un popolo libero degno di essere riammesso nella vita delle libere nazioni.
    • Come aveva intuito Vittorio Foa, la politica partigiana era la politica delle larghe alleanze democratiche già sperimentata nella guerra di Spagna. In sostanza un riformismo socialdemocratico che per la prima volta annullava le millenarie divisioni di classe facendo rientrare tra i cittadini di pieno diritto gli operai e i contadini.
      • C'è una campagna di denigrazione della Resistenza: diretta dall'alto, coltivata dal cortigiano. Il loro gioco preferito è quello dei morti, l'uso dei morti: abolire la festa del 25 aprile e sostituirla con una che metta sullo stesso piano partigiani e combattenti di Salò, celebrare insieme come eroi della patria comune Giacomo Matteotti, ucciso dai fascisti e il filosofo Gentile, presidente dell'accademia fascista, giustiziato dai partigiani, onorare insieme le vittime antifasciste della risiera di San Sabba e quelle delle foibe titine. Proposte da comitati di reduci che evidentemente non hanno mai sentito parlare dei lager in cui i fascisti, prima e dopo l'armistizio, hanno chiuso migliaia di cittadini colpevoli unicamente di essere di etnia slovena.
      • Ma la democrazia dov'è? Che democrazia è questa autoritaria che si va affermando nel nostro paese? Ai suoi sostenitori basta che il governo non apra i suoi lager, che non fucili gli oppositori, che non soffochi tutte le voci critiche per gridare che la democrazia è salva. Ma la mutazione autoritaria è sotto gli occhi di tutti, anche dei rassegnati o indifferenti: i personaggi della televisione invisi al potere cacciati o tacitati, gli autori dei libri all'indice berlusconiano esclusi dalla televisione e ignorati dai giornali, i dirigenti di qualsiasi ufficio o istituzione, dalle fiere campionarie agli enti lirici, scelti dal padrone, i disegnatori satirici ostili al potere emarginati, i cortigiani imposti.
      • Assistiamo a un revisionismo reazionario che apre la strada alla democrazia autoritaria, da noi e nel resto del mondo. Uno di quei cicli storici che dimostrano che anche la libertà ha le sue stagioni.[...] C'è stata una mutazione capitalistica, una rivoluzione tecnologica di effetto obbligato: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri ed emarginati. È questa la ragione di fondo per cui la Resistenza e l'antifascismo democratico appaiono sempre più sgraditi, sempre più fastidiosi al nuovo potere. Padroni arroganti e impazienti non accettano più una legge uguale per tutti, la legge se la fabbricano ad personam con i loro parlamenti di yes-men.
      • Ciò che può compiere un partigiano, indipendentemente da valutazioni di valore personale, è differente da ciò che può compiere un soldato di un reparto regolare. Chi crea è diverso da chi esegue, chi fa volontariamente una cosa è differente da chi vi è costretto, chi persegue un ideale costruttivo non è eguale a chi soddisfa un precetto legale. Nel secondo potrà esistere volontà e determinazione, ma difficilmente entusiasmo.
      • Qualunque cosa faccia il "tipo Silvio" l'idea del tornaconto personale è totale, quella del bene pubblico è assente. Silvio ha cercato di fondare il partito liberale di massa, sul principio reaganiano che la somma degli egoismi individuali fa la ricchezza della nazione. Anche noi, i diversi da Silvio, coltiviamo i nostri egoismi ma siamo arrivati a capire che senza disciplina comune, senza legge comune, senza educazione comune non esiste vera società, vero stato.
      • Che cosa ci offre il cavaliere? In pratica la libertà di tacere, se no di essere estromessi dagli uffici pubblici e dall'informazione.
      • La grande vittima della giustizia di parte, il cavaliere di Arcore, per sfuggire al "complotto" giustizialista ha ingaggiato novantotto grandi avvocati e trentadue consulenti affinché lo difendessero dai giudici "comunisti" di cui all'inizio di Mani pulite era il massimo estimatore.
      • Ci fermiamo per fare benzina, subito fuori dall'aeroporto di Capodichino e nella luce agostana viene giù un piovasco tiepido. "È un sole acqua," dice il tassista che ha una bella faccia feroce e istrionica. "Un sole acqua," ripete compiaciuto. Vedo che non ha inserito il tassametro, ma non è che voglia rubare molto sulla corsa, uno o due euro, purché sia lui a deciderlo, lui che è più intelligente del forestiero. La maledetta presunzione individualista per la quale un napoletano è pronto a dannarsi. Scendiamo per la tangenziale, una lunga strada dall'aeroporto al mare, là in fondo il Vesuvio a gobbe da cammello. La più insanguinata strada di Napoli perché la città per cui passa è divisa fra i clan della camorra; le rese dei conti avvengono nei punti di confine, rapide sparatorie, scontri e fughe su motociclette potenti, e, a cose fatte, arrivano i "falchi", i poliziotti motociclisti o gli "zingari", come chiamano i carabinieri in divisa nera.

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